Quando svolgevo il ruolo di assistente delle pratiche sperimentali
nella materia di psicologia dell’apprendimento, durante i miei anni di studente
universitario, vi era un sperimento in particolare che mi affascinava
ogniqualvolta veniva proposto agli studenti del corso. Si trattava dell’
“illusione di Müller e Lyer”, due segmenti di linee apparentemente eterogeni, ma esattamente uguali in
lunghezza, che dovevano essere valutate da un gruppo di persone visivamente prima per condividere successivamente verbalmente la così fatta valutazione percettiva (ognivolta nel gruppo soltanto un soggetto non sapeva che tutti gli altri si erano prima messi
d’accordo per falsificare la loro valutazione percettiva e di conseguenza il
loro giudizio finale). Il risultato era drammaticamente sempre lo stesso, la
valutazione fatta dall’individuo dipendeva sempre da ciò che il gruppo decideva
doveva essere la risposta giusta da dare.
Sappiamo che ciò che amplifica ulteriormente l’efficacia
della così detta “pressione sociale del gruppo” è la nostra umana esigenza di
contare su delle certezze e su delle affermazioni categoriche, che
inconsapevolmente o meno ci costringiamo ad avere permanentemente come
riferimento affidabile, attraverso la ricerca e la costruzione insieme ad altri, di spazi
condivisi di significati (e giudizi) consensualmente riconosciuti e riconoscibili (che finiscono paradossalmente per essere autoreferenziali, quindi autovalidanti).
Questa nostra quasi viscerale esigenza di un consenso
rassicurante, ci “impigrisce” mentalmente limitando la nostra potenziale e molto soggettiva capacità di arricchire il ventaglio di opzioni su
cui potremmo contare nella progettazione/costruzione di cornici concettuali e di mondi possibili
alternativi (privati e/o collettivi). Con essa perdiamo occasione di valorizzare la differenziazione come una caratteristica riscontrabile nelle realtà plurali come quelle umane, costruite anche grazie al confronto fra coloro che ne fanno parte nei più variegati contesti esistenti di interdipendenza (intimi e pubblici).
Va ricordato comunque quale è il momento attuale in cui ci
troviamo a vivere (e che alcuni chiamano “l’era dell’autenticità” ovvero il
post del postmodernismo). Viviamo in effetti un tempo in cui sono scadute le validità di tante
certezze e di tante verità assolute; dalla caduta delle ideologie in poi si è arrivati ad avere una maggiore coscienza
riguardo la estrema diversificazione e variabilità con cui il mondo relazionale e soggettivo sono
composti. In questo senso, provare quindi a introdurre nel messaggio educativo/formativo proprio delle famiglie
e delle scuole, queste premesse apparentemente banali ma di implicanze
colossali, può fare enorme differenza per quanto riguarda l'empowerment e il consolidamento di una
salute mentale resiliente degli individui. Più precisamente, si tratterebbe di favorire una condizione mentale nelle
persone che gli dia la possibilità di fare fronte con originalità e
creativamente alle incertezze con cui spesso, e fin da piccoli, si trovano ad
avere a che fare lungo tutto l'arco dei loro percorsi esistenziali.
A partire da questa consapevolezza epistemologica possiamo aspettarci che le persone siano in grado di adoperarsi per costruirsi risorse cognitive (e quindi anche emozionali e relazionali), più versatili e coerenti con l'imprevedibilità e con la complessità del mondo contemporaneo.
A partire da questa consapevolezza epistemologica possiamo aspettarci che le persone siano in grado di adoperarsi per costruirsi risorse cognitive (e quindi anche emozionali e relazionali), più versatili e coerenti con l'imprevedibilità e con la complessità del mondo contemporaneo.
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Cuando desempeñava el rol de responsable de prácticas en la materia de
psicologia del aprendizaje, durante mis años de studiante universitario, habia
un experimento en particular que provocaba en mi fuertes emociones cada vez que
era propuesto a los alumnos de dicha materia. Era la “ilusión de Muller –
Lyer”, dos segmentos de lineas aparentemente heterogeneas, pero en realidad exactamente iguales en longitud, que deberian ser
evaluadas por parte de un grupo visualmente primero para después compartir verbalmente dicha evaluación perceptiva (en el grupo sólo uno de los
participantes no sabia que todos los demás miembros si habian puesto de acuerdo
precedentemente para falsificar su evaluación perceptiva y por lo tanto acerca de cual
deberia ser el juicio final). El resultado era dramaticamente siempre el mismo, la
evaluación perceptiva hecha por el individuo dependia sempre de aquella que el
grupo habia decidido debia ser la respuesta correcta de dar.
Sabemos que aquello que potencia ulteriormente la eficacia
de la así llamada “presión social del grupo” es nuestra humana exigencia de
poder contar con certidumbres y con afirmaciones categóricas que coscientemente
o no nos imponemos costantemente como marcos referenciales fiables, a través de la búsqueda y la costrucción
junto a otros, de espacios compartidos de significados consensualmente
reconocidos y reconocibles (que paradosalmente terminan por ser autoreferenciales, auto validandose).
Esta exigencia casi visceral de un consenso
tranquilizador, fomenta una “pereza” mental que limita nuestra potencial y muy subjetiva capacidad de enriquecer el abanico de
posibilidades con las cuales podriamos contar para la
proyectación/construcción de marcos conceptuales y mundos
posibles alternativos (privados y/o colectivos). Con ella perdemos la ocasión de dar valor a la diferenciación como una caracteristica identificable en realidades plurales como aquellas humanas, construidas gracias a la confrontación entre aquellos que constituyen parte, en los más variados contextos existentes de interdependencia (intimos y publicos).
Es necessario de todas maneras recordar cual es el actual
momento en que vivimos (y que algunos llaman “la era de la autenticidad” es
decir el post del postmodernismo). Vivimos
en efecto un tiempo en el cual han terminado de ser vigentes muchas
certidumbres y verdades absolutas ; desde la caida de las
ideologias, existe una mayor conciencia acerca de la extrema diversificación
con que el mundo relacional está conformado. En tal sentido, provar a introducir en el mensaje
educativo/formativo de la familias y de la escuela, éstas
premisas apparentemente banales pero de implicaciones colosales, puede hacer enorme diferencia en el enpoderamiento y en el consolidamento de una salud mental resiliente de los individuos. Mas especificadamente ello se refiere a la posibilidad de fomentar una condición mental en las personas que les permita enfrentar con
originalidad y creatividad a las incertidumbres que frequentemente, y desde
pequeños, enfrentan a lo largo de sus caminos existenciales.
A partir de esta conciencia epistemológica podemos esperar que las personas
sean en grado de construirse recursos cognitivos (y por lo tanto también
emocionales y relacionales), más versátiles y coherentes con la imprevedibilidad
y con la complejidad del mundo contemporaneo.
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