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giovedì 26 giugno 2014

E’ possibile vivere malgrado quei dolori lancinanti? (¿Es posible vivir a pesar de aquellos dolores lancinantes?)



L’altro giorno arrivò alla mia buca delle lettere una "pubblicità" lasciata dai “procacciatori di salvezza porta a porta”,  in cui si proponeva provocatoriamente la   domanda "smetteremo mai di soffrire?” Come se nella vita vi  fossero delle situazioni tali, che in quanto esperienze tragiche e inaspettate, potessero in senso fatalistico, soltanto elicitare risposte univoche di sofferenza appunto….e pensavo per esempio a situazioni così drammatiche come quelle in cui i genitori sopravvivono ai propri figli, quindi di perdite avvenute per cause tutt’altro che naturali. Quelle perdite così difficili da accettare come per poter affrontarne il senso e passare oltre per ritrovare il flusso vitale e generativo bloccato dalle perdite subite. Come accettare di essere testimoni dei dolori della vita di fronte a vite brevi spezzate da agenti maledettamente imprevisti, circostanziali e uscirne indenni?
Sono vissuti che fanno riferimento a dei significati talmente intimi e privati che a malapena potremmo cogliere finché non fanno parte del bagaglio personale di ognuno di noi (perché il dolore si conosce dalla esperienza). Il dolore e la sofferenza sono emozioni che accompagnano l’esistenza umana e pure a seconda come gli viviamo soggettivamente, a volte ci impedisce di condividerle per poter trasformare l’assenza in ricordo. Scoprire quindi che ambi due sono l’espressione del processo evolutivo insito nel cerchio della vita può farne la differenza. Parafrasando l’autore diremmo che essi sono intrinsecamente legati alla nostra condizione umana, nella quale la morte (che fa parte della vita) è una ferita profonda che guarisce spontaneamente a condizione che non si faccia niente per ritardarne la cicatrizzazione.
Nell’ambito della clinica delle perdite e del lutto vi è il principio secondo il quale la condivisione della sofferenza ci apre alla possibilità di fare quel po’ di chiarezza nel mezzo del buio del dolore lancinante, che ci può aiutare a non perdere la consapevolezza di fare parte comunque di un processo evolutivo più ampio, costante e del quale siamo protagonisti (volenti o nolenti).

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El otro dia llegó a mi buzón de cartas una “publicidad” dejada por unos “proveedores de salvación puerta a puerta”, en la que se proponia provocativamente la pregunta “¿dejaremos alguna vez de sufrir?”. Como si en la vida hubiesen situaciones que como experiencias trágicas e inesperadas, pudiesen en sentido fatalista, solo estimular respuestas univocas , o sea de sufrimiento…. y pensaba por ejemplo a situaciones tan dramáticas como aquellas en las que los padres sobreviven a sus hijos, es decir pérdidas por causas que no son naturales. Aquellas pérdidas tan dificiles de aceptar como para poder afrontar su sentido e ir más allá para retomar el flujo vital y generador bloqueado por las pérdidas mismas. ¿Cómo aceptar ser testigos de los dolores de la vida frente a vidas breves interrumpidas por agentes malditamente imprevistos, circunstanciales e salir indemnes ?
Son vivencias que se refieren a unos significados muy intimos y privados que a duras penas podremos entender mientras que no sean parte de nuestro bagaje personal (por que el dolor se conoce por la experiencia). El dolor y el sufrimiento son emociones que acompañan la existencia humana y sin embargo según cómo los vivimos subjetivamente, a veces nos impide di compartirlos para poder transformar la ausencia en recuerdo. Decubrir que ambos son la expresión del proceso evolutivo inherente al circulo de la vida puede hacer la diferencia. Parafraseando el autor diria que estos están intrinsecamente ligados a nuestra condición humana, en la qual la muerte (que es parte de la vida) es una herida profonda que se sana expontaneamente a condición que no se haga nada que retraze el proceso de cura.
En el ámbito de la clinica de las pérdidas y del luto existe el principio según el cual compartir el sufrimiento nos permite abrirnos a la posibilidad de hacer un poco de claridad en medio a la oscuridad del dolor lancinante, que puede ayudarnos a no perder conciencia de ser parte de un proceso evolutivo mas amplio, constante y del cual  somos protagonistas (queriéndolo o no).


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