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venerdì 4 marzo 2016

Bambini che odiano gli animali : chi sono? (Niños que odian los animales: ¿quiénes son?)





Se uno cerca nel web il termine "violenza" abbinato a quello "infantile", ne trova dei riferimenti solo se la si declina con quella inferta sul bambino, e non vi è riferimento alcuno a quella che possano esercitare i bambini stessi. Vuol dire che non è concepibile qualcosa del genere?, che è semplicemente qualcosa di inimaginabile?
Siamo tutti spesso portati a pensare l'infanzia come un periodo della vita in cui vi è esclusivamente lieta serenità e dolcezza, e pure sappiamo che esistono diversi contesti relazionali in cui l'aggressività infantile può irrompere, attraverso dei comportamenti più svariati: quelli individuabili in coloro descritti come dei bulli, quindi attuati nei confronti di altri bambini, ma vi è anche una violenza esercitata nei confronti degli animali.
Di quest'ultimi comportamenti violenti vorrei occuparmene, visto che sono quelli in cui la crudeltà del gesto violento, su un essere vivente incapace di comprendere intenzioni o pretese dal suo "carnefice", difficilmente non può essere spiegato se non come sfogo malsano di qualcosa che avrebbe a che fare con un'identità terribilmente cattiva, di conseguenza con una forte connotazione di psicopatologia individuale. E pure, gesti di ordinaria violenza si riscontrano nelle storie di tante esperienze infantili nei confronti di insetti, di rettili e di altri specie animali.
Come affrontare questa violenza da un punto di vista clinico, ammesso che da un punto di vista sociale vada condiviso con il bambino stesso lo stupore di fronte al gesto violento, come premessa de un intervento educativo che stimoli non solo consapevolezza, ma che favorisca anche la sua assunzione di responsabilità personale? La domanda acquisisce rilevanza nella misura in cui tali comportamenti si possano presentare "accompagnati" da connotati e in contingenze che amplifichino i contenuti impliciti di crudeltà gratuita.
Ecco che può avere senso chiedersi, cos'è che può stare alla base di questi comportamenti?, sono un gesto dimostrativo di potere inteso come controllo e dominanza?, rispecchiano una competizione più o meno nascosta con i coetanei?, un segnale di disagio taciuto, inespresso?, l'espressione della storia di apprendimento del bambino (intesa come il bagaglio di esperienze vissute dentro e fuori dalla famiglia)?, la spia di rapporti conflittuali con gli adulti di riferimento? Probabilmente, vi è un pò di tutto ciò nei bambini che assumono come azione di prepotente dominio la sopraffazione sugli animali; vi è una graduatoria di intensità e di rischio psicopatologico crescente a seconda del tipo di situazione incriminata e della frequenza con cui il sopruso si ripropone.
Gli studi clinici suggeriscono che in età precoce (stiamo parlando di bambini in età preadolescenziale) i comportamenti aggressivi in generale, e quelli inflitti sugli animali in particolare, possono essere indicatori in età evolutiva che hanno una prognosi di alta probabilità di comportamenti devianti con forti connotazioni antisociali, nel futuro comportamento adulto. Ecco perché comunque, non si può assumere un atteggiamento di indifferenza o uno di carattere giustificatorio di fronte a tali gesti.
Il rischio però di etichettare con categorie nosologiche il bambino, quindi di cronicizzare un quadro di disfunzionalità è molto alto; le buone pratiche cliniche esigono allargare all'entorno affettivo-sociale dei piccoli, la valutazione e la comprensione di tali comportamenti crudelmente abusivi, perché attraverso l'ingrandimento del campo di osservazione si possono acquisire dei dati narrativamente e storicamente significativi, che altrimenti rimarrebbero nascosti per effetti dell'impatto emotivo che gli stessi comportamenti esplicitati provocano.









Si uno busca en la web el término "violencia" asociado al de "infantil", encuentra referencias solamente si se habla acerca de aquella que ejercitada sobre el niño, y ninguna respecto a aquella que parte del niño mismo. ¿ello quiere decir que non se puede concebir algo semejante y que simplemente es algo que no cabe imaginar?
Frecuentemente, somos proclives a pensar la infancia como un periodo de la vida exclusivamente alegre y dulce, sin embargo sabemos que existen diversos contextos relacionales en los que la agresividad infantil puede irrumpir, mediante comportamientos di diferentes tipos: aquellos individuables entre quienes hacen bulling, es decir actuados hacia otros niños, pero también existe una violencia ejercitada contra los animales.
Acerca de éste ultimo tipo di violencia quisiera ocuparme, ya que se trata di comportamientos en los que la crueldad del gesto violento, sobre un ser viviente incapaz de comprender intenciones o pretensiones de su "verdugo", dificilmente no puede dejar ser interpretado sino como una manifestacion malsana de algo que tendria que ver con una identidad extremadamente malvada, consecuentemente, con una fuerte connotación de psicopatologia individual. Sin embargo, gestos de comun violencia se pueden observar en las historias de muchas experiencias infantiles frente a insectos, reptiles y de otras especies animales. ¿Cómo afrontar esta violencia desde un punto di vista clinico, admitido que desde un punto de vista social se comparta con el niño mismo el estupor frente al gesto violento, como premisa de una intervención educativa que estimule no solo conciencia del hecho sino también una toma de conciencia de la responsabilidad personal? La pregunta adquiere relevancia en la medida en que tales comportamientos puedan presentarse "acompañados" de connotaciones y contingencias que amplifiquen los contenidos implicados de crueldad gratuita.
Es asi que puede tener sentido preguntarse, ¿qué cosa suponen tales comportamientos?, ¿son un gesto demostrativo de poder, entendido como control y dominación?, ¿reflejan una competencia más o menos escondida con sus pares?, ¿son un señal de malestar callado, no manifiesto?, ¿acaso la expresión de la historia de aprendizaje del niño (entendida como el bagaje de experiencias vividas dentro y fuera de su familia)?, ¿indicadores de relaciones conflictuales con los adultos significativos de referencia? Probablemente estén presentes un poco cada una de las interrogantes precedentes, como aquellas motivaciones por la que estos niños asumen como acción de predominio aplastar los animales. Existe una graduación de intensidad y riesgo psicopatológico creciente según las caracteristicas de la situación incriminada y de la frecuencia con la cual el abuso se presenta.
Los estudios clinicos sugieren que en edad temprana (se habla de la etapa preadolescente en estos casos), los comportamientos agresivos en general y aquellos infligidos a los animales, en particular, pueden ser indicadores en la edad evolutiva, que tienen un prognostico de alta probabilidad de comportamientos desviados con fuertes connotados antisociales, en el futuro comportamiento adulto. Esta es la razón por la que frente a tales gestos, no se puede asumir un actitud de indiferencia o de tipo justificadora.
El riesgo de poner etiquetas con categorias nosologicas que cataloguen al niño, y por lo tanto de hacer crónico un cuadro de disfuncionalidad, es muy alto; las buenas prácticas clinicas requieren el alargamiento de la observación y de la evaluación de los comportamientos cruelmente abusivos, en modo de involucrar el entorno afectivo-social del niño y asi adquirir datos narrativamente e historicamente significativos, que de otra forma quedarian escondidos por el impacto emotivo que los mismos comportamientos explicitados provocan.