Powered By Blogger

giovedì 20 marzo 2014

Da genitori a figli: le inferenze che fanno male (De padres a hijos : las inferencias que hacen mal)



Per me, una di quelle esperienze che considero personalmente più frustranti e con cui sono spesso a contatto per il mio lavoro clinico, riguarda il fatto di essere testimone dell’ineluttabilità con cui può essere consolidato e trasmesso il disagio psicologico, diffondendosene a macchia d’olio indisturbato, da una generazione alla altra.
Nella stanza in cui esercito il mio lavoro da psicoterapeutara, tra le tante storie che  mi raccontano della difficoltà di vivere, molte di esse mi mettono a stretto contatto con persone portatrici di narrazioni di vite costruite intorno e a partire dall’abuso di sostanze. Sono perlopiù giovani adulti che provengono da percorsi di infanzie ferite e infelici. Individui che crescono all’interno di processi evolutivi di effetto deformante, nei quali hanno vissuto esperienze di abbandono, di abuso e/o di trascuratezza.  Ciò che più mi colpisce è verificare quanto spesso succede da quando queste persone divengono genitori, ne mettano in atto comportamenti che portano a definire loro stessi “dei cattivi genitori”: inaffidabili e assenti. Incapaci di proporre delle modalità di relazione di cura e di affetto alternative a quelle da loro stessi ricevute, agiscono quindi trasmettendo intergenerazionalmente sui propri figli ciò che di  doloroso e malsano hanno vissuto sulla propria pelle.
In fatti, quasi come se vi fosse una coazione a ripetere, ne vengono riproposti modelli e stili di relazione di cui non ne possono fare a meno, nonostante abbiano gli stessi effetti pragmatici di sofferenza, di abbandono e di trascuratezza sui loro figli, simili alle esperienze da loro subite. Ed è così che finiscono per trasmettere una catena dolorosa di comportamenti, di relazioni e di emozioni che imprigiona e condiziona i loro figli, e che non sempre sono disposti a (inte)rompere. Come se la genitorialità loro gli rimettesse a contatto con delle "verità" nei confronti delle quali è impossibile differenziarsi, per cui bisogna o confermare la propria incapacità ad assolverla fuggendo dal potere essere una figura affettiva di riferimento nutriente e vicina oppure ripetendo acriticamente ciò che si è stati costretti a subire da figlio. Un tale modo fatalistico e compulsivo di agire, fa riferimento all’ingerenza di quelle credenze e pregiudizi in base ai quali ogni essere umano costruisce la propria identità e che non sempre si è disposti a mettere in discussione; ancora di più se con esse (paradossalmente) ci si impara ad ottenere delle rassicurazioni piacevoli immediate e di conseguenza ne ha sviluppato un  rispetto reverenziale, acritico.



______________________________________________



Para mi, una de esas experiencias que considero personalmente más frustrante y con las quales estoy frecuentemente en contacto por mi trabajo clinico, se refiere a ser testigo de la ineluctabilidad con la cual se puede reforzar y trasmitir el malestar psicológico, difundiéndose como mancha de aceite imperturbable, de una generaciòn a la otra.
En el espacio en donde ejerzo mi trabajo de psicoterapeuta, entre las tantas historias que  me cuentan acerca de la dificultad de vivir, muchas de éstas me ponen en estrecho contacto con personas que cargan consigo narraciones de vida construidas alrededor y desde el abuso de substancias. Son generalemente jovenes adultos que provienen de recorridos de infancias heridas e infelices. Individuos que han crecido dentro de procesos evolutivos con efecto deformador, en los cuales han vivido experiencias de abandono, de abuso y/o de descuido. Lo que más me golpea es, comprobar cuánto frecuentemente sucede que cuando estas personas devienen genitores, actúen comportamientos que llevan a definirlos como unos “malos genitores”: no confiables e ausentes. Incapaces de proponer modalidades de relación de cuidado y afecto, alternativas a aquellas que ellos mismos recibieron, actuando por lo tanto en forma tal que trasmiten intergeneracionalmente a sus hijos aquello que de doloroso y malsano han vivido sobre su propia piel.
En efecto, casi como si hubiese una coerciòn a repetir, son repropuestos modelos y estilos de relación que no pueden ignorar, a pesar de que éstos tengan los mismos efectos pragmáticos de sufrimiento, abandono y descuido sobre sus hijos, semejantes a las experiencias sufridas por ellos mismos. Es asi que terminan por transmitir una cadena dolorosa de comportamientos, de relaciones y de emociones que aprisionan y condicionan sus hijos, y que no siempre son dispuestos a interrumpir. Como si el ser genitores crease la condición de estar a contacto con  “verdades”  frente a las cuales es imposible diferenciarse, por ende se hace necesario, o confirmar la propia incapacidad a absolverla huyendo de la posibilidad de ser una figura afectiva de referenzia nutritiva y cercana o sino repitiendo acriticamente aquellos comportamientos sufridos como hijo. Este modo fatalista y compulsivo de actuar tiene que ver con la ingerencia de creencias y prejuicios en base a los cuales cada ser humano construye su identidad y que no siempre està dispuesto a poner en discusiòn; màs aùn si con ellas (paradojalmente) ha aprendido a obtener aseguraciones placenteras inmediatas y consecuencialmente ha desarrollado un respeto reverencial, acritico.