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giovedì 6 febbraio 2014

Dal taedium vitae tossicomanico verso mondi possibili inediti….. (Del taedium vitae toxicománico hacia mundos posibles inéditos......)





E’ l’abuso di sostanze che organizza la psiche del tossicomane stimolando la compulsività ossessiva  propria delle dipendenze oppure sono le emozioni che egli prova nell’arco della sua vita, che organizzano dei sentimenti che promuovono, consolidano e giustificano il comportamento di abuso?
Probabilmente questo è uno dei tanti falsi dilemmi su cui sono costruite le tossicomanie e che stanno alla base della loro cronicizzazione. Comunque sia, la tossicomania è quella "belva insaziabile" che spinge a chi ne subisce il suo prepotente predominio, verso il vuoto incolmabile dell’infelicità spingendo a chi ne è vittima in un loop di taedium vitae e di ulteriore dolore che a sua volta ne richiede della corazza anestetica (che la sostanza provvede) perché il malessere nei confronti di se stesso diviene un malessere di stare con e nel mondo.
Vi sono dei contesti di cura in cui il approccio medicalizzante è complementare e in qualche maniera subordinato a quelli psicoterapeutico ed educativo. In effetti, all’interno di alcune comunità terapeutiche residenziali contro le tossicodipendenze (come quelle della rete SAMAN), si aprono degli spazi individuali e di gruppo all’interno dei quali avviene il confronto, la riflessione e (soprattutto) l’auto osservazione.
Coloro che da operatori contribuiscono a crearli tali spazi, ne raccolgono le fatiche (psichiche, relazionali ed esistenziali) indicibili di chi non sa di non sapere, annebbiato dalle proprie narrazioni nell’autoinganno. Ma, essendo la tossicomania anche una realtà intersoggettiva, i gruppi rappresentano per l’operatore lo strumento per eccellenza con cui avviare un processo lento, non lineare, a volte contorto ma alla fine virtuoso (anche se imprevedibile). Grazie a quel processo co creato e intersoggettivo le identità individuali si riflettono fra di loro in un gioco a specchi che permette la condivisione di immagini, quelle di loro stessi, ma crudamente nuove. I gruppi terapeutici in particolare, sono quello spazio privilegiato in cui le persone imparano a conoscersi, cogliendo (nel confronto) quelle sfumature che caratterizzano l'identità di ognuno e che possono essere la giusta conferma sulla possibilità di essere in grado di costruire/abitare in nuovi possibili mondi (liberi dal giogo tossicomanico).



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El abuso de sustancias organiza la psique del toxicómano estimulando la compulsividad obsesiva propia de las dipendencias o acaso son las emociones que él prueba en su vida, las que organizan aquellos sentimientos que promueven, consolidan y justifican el comportamento de abuso?
Quizàs este sea uno de los tantos falsos dilemas sobre los que se construyen las toxicomanias y que están a la base de su cronicidad. De todas maneras, la toxicomanía es aquella "bestia insaciable" que empuja hacia el vacio irrecuperable de la infelicidad, introduciendo a quién es su victima en un bucle de taedium vitae y de ulterior dolor, que a su vez incita la necesidad de poseer una coraza anestética (que la substancia provede) pues el malestar consigo mismo deviene un malestar de estar con y en el mundo.
Existen contextos de cura en los que el modelo médico es complementario y en alguna manera subordinado a los modelos psicoterapeutico y educativo. Efectivamente, dentro de algunas comunidades terapeuticas residenciales  contra las toxicodependencias (como aquellas della rete SAMAN), se abren espacios individuales y de grupo en los cuales se costruyen la confrontaciòn, la reflexiòn y (sobre todo) la auto observación.
Quienes como operadores contribuyen a crear tales espacios, recojen los cansancios (psiquicos, relacionales y existenciales) indecibles de quienes no saben de no saber, oscurecidos por las propias narraciones en el auto ingaño. Pero siendo la toxicomania también una realidad intersubjetiva, los grupos representan para el operador el instrumento por excelencia con el cual fomentar un proceso lento, non lineal, complicado pero al final virtuoso (si bien imprevedibile). Gracias a tal proceso cocreado e intersubjetivo las identidades individuales se reflejan entre si, en un juego de espejos que permite compartir las imagenes de cada quien, pero crudamente distintas. Los grupos terapéuticos en particular, son aquel espacio privilegiado en el cual las personas aprenden a conocerse, cogiendo (a partir de la confrontación) aquellos matices que caracterizan la identidad de cada uno y que pueden ser la justa confirmación acerca de la posibilidad ser capaz de construir/habitar en nuevos mundos posibles (libres del yugo toxicomanico).