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venerdì 10 settembre 2010

I paradossi del disagio condiviso (Las paradojas del malestar compartido)


Me lo sono trovato davanti, abbattuto e con tanta ansia chiedendo di essere aiutato a “stare meglio”, a superare i grossi sensi di colpa che lo turbavano torturandolo fino all’ossessione. Era successo più di una volta che il padre, deceduto da poco, era stato oggetto della sua rabbia aggressiva e quindi picchiato da lui stesso fino al punto di essere stato denunciato. Non riusciva a darsi pace pensando ai comportamenti ostili avuti nei confronti di suo padre.
Viveva dentro un clima di violenza familiare diffusa che aveva inquinato ogni spazio dell’intimità e dei rapporti in famiglia. Ma sentiva di essere “l’ago della bilancia”, colui che teneva le redini di un precario e molto fragile equilibrio familiare. In effetti, si definiva molto legato alla madre (depressa cronica con gravi difficoltà relazionali ma senza nessun tipo di sostegno terapeutico per decisione del marito, era il figlio stesso a darle dell’affetto e quel poco di compagnia che nessuno in famiglia era in grado di esplicitarle), alla sorella (severi disturbi psichiatrici inabilitanti che condizionano pesantemente la convivenza e per la quale prova tenerezza e preoccupazione ma che non riesce ad esprimere, nonostante vi fossero periodicamente dei forti scontri verbali e fisici sia nei confronti suoi che del padre) e al padre (incapace di gestire autonomamente un clima familiare e una condizione domestica piuttosto caotica, per cui il figlio arrivava a fare ciò che il padre non ci riusciva, pur pensando che molta della sofferenza della madre e della sorella poteva essere riconducibile a questa scarsa sensibilità di un padre poco attento alle esigenze altrui).
Era fortemente turbato dalla sua massiccia ventennale dipendenza da sostanze stupefacenti, che lo avevano cronicizzato in uno stato più o meno permanente di anestetizzazione, degli affetti e della coscienza. Ora era apparentemente deciso a farsi aiutare per riprendere in mano la sua vita. Anche perché i suoi progetti personali assieme alla sua incipiente autonomia si erano visti puntualmente crollare negli anni fino a scomparire. Dovendo seguire da vicino le molteplici vicende domestiche era rimasto in casa malgrado ormai superasse i quaranta anni.
Era scarsamente consapevole del fatto che lui comunque aveva partecipato attivamente nel menage familiare dando protezione e affetto (alla madre e alla sorella), contribuendo alla risoluzione di problemi pratici quotidiani (restando accanto al padre), intensificando i conflitti (passando dall'abuso di sostanze alla tossicodipendenza), consolidando la violenza all’interno di una cornice relazionale asfissiante consolidatasi nella ripetitività giornaliera.
Ecco i paradossi della convivenza familiare costruitasi in circostanze di grosso disagio: affetto, ostilità, sofferenza, dipendenza, sostegno…. Sono aspetti diversi del caleidoscopio relazionale che esprimono come questa famiglia (così come avviene in ogni famiglia organizzata all'interno di una simile condizione) tentava di raggiungere equilibri e continuità (il padre dava dei soldi al figlio per fare si che si procurasse la sostanza senza dover allontanarsi da casa; il figlio tentava di correggere il padre anche con la violenza sperando si prendesse carico di una moglie irrigidita nell’autoesclusione invalidante e che riuscisse a costruire un rapporto di più comprensione con la sorella!!!). Si trattava quindi di una copartecipazione relazionale e affettiva all’interno della quale non potrebbe esserci lo spazio per letture o visioni lineari semplicistiche del tipo carnefice/vittima (proprio come quella a cui gli stessi protagonisti facevano riferimento e nei confronti della quale rimasero intrappolati costruendo una danza rigidamente complementare autoperpetuante).




Me lo encontré delante de mi, desolado y con mucha ansia pidiendo ser ayudado a “estar mejor”, a superar los fuertes sentimientos de culpa que tanto mal le hacian torturandolo obsesivamente. Habia sucedido más de una vez que su padre, fallecido hacia poco tiempo, fuera objeto de su rabia agresiva y que fuese golpeado por él mismo, llegando a ser denunciado judicialmente. No podia darse tranquilidad cada vez que pensava a los comportamientos hostiles manifestados hacia su padre.
Vivia en un clima de violencia familiar generalizada que habia contaminado todos los espacios de intimidad y de relación familiares. Pero él sentia ser “la aguja de la balanza”, aquel que debia controlar el frágil e inestable equilibrio familiar. Efectivamente, se definia muy ligado a su madre (deprimida crónica con graves dificultades relacionales pero sin ningún tipo di soporte terapéutico por decisión de su marido, el hijo le daba afecto y un poco de compañia actitudes que ninguno en la familia era en grado de explicitar), a su hermana (severos disturbios psiquiátricos inhabilitantes que condicionaban fuertemente la convivencia y frente a la cual siente ternura y preocupación que no logra explicitar, a pesar de los conflictos abiertos fisicos y verbales existentes, sea con él que con el padre) y al padre (incapaz de afrontar autonomamente un clima familiar y una condición doméstica más bien caótica, por lo cual el hijo llegaba a hacer lo que el padre no lograba, a pesar de pensar que mucho del sufrimiento de su madre y de su hermana podia estar relacionado a la escasa sensibilidad de un padre poco atento a las exigencias de los otros).
Estaba fuertemente perturbado por su masiva y ventenal dependencia de substancias estupefacientes, que lo habian colocado en un estado más o menos permanente de adormecimiento, de los afectos y de la conciencia. Ahora estaba aparentemente decidido a hacerse ayudar para retomar en mano su vida. También porque sus proyectos personales junto a su incipiente autonomia habian disminuido sensiblemente en los ultimos años hasta desaparecer por completo. Debiendo estar cerca a los múltiples asuntos domésticos si habia quedado a vivir con sus padres, a pesa de superar los cuarenta años.
Era apenas conciente del hecho de haber tenido una participación activa en el menaje familiar dando protección y afecto (a la madre y a la hermana), contribuyendo a la resolución de problemas practicos cuotidianos (permaneciendo junto al padre), intensificando los conflictos (pasando del abuso de substancias a la toxicodependencia), consolidando la violencia familiar dentro de un marco asfixiante consolidado en la repetitividad diaria.
He aqui las paradojas de la convivencia familiar construida en circunstancias de intenso malestar: afecto, hostilidad, sufrimiento, dependencia, soporte…. son aspectos diferentes del caleidoscopio relacional que expresan còmo esta familia (asi como sucede en cualquier otra que se ha organizado en semejantes condiciones)intentaba alcanzar equilibrios y continuidad (¡el padre daba dinero al hijo para que se comprara la substancia y no tuviera que irse de casa; el hijo intentaba corregir al padre con la violencia en la esperanza que un dia se hiciera cargo de una esposa rigidamente cerrada en una autoexclusión invalidante y para que construyera una relacion de mas comprension con su hermana!!!). Se trataba por lo tanto de una condivisión relacional y afectiva dentro de la cual no podria haber espacio para una lectura o visión lineal simplista del tipo verdugo/víctima (justamente como aquella en la cual los protagonistas mismos se quedaron peligrosamente atrapados costruyendo una danza rigidamente complementaria autoperpetuandola).