Se uno cerca nel web il
termine "violenza" abbinato a quello "infantile",
ne trova dei riferimenti solo se la si declina con quella inferta sul bambino, e non vi è riferimento alcuno a quella che possano
esercitare i bambini stessi. Vuol dire che non è concepibile
qualcosa del genere?, che è semplicemente qualcosa di inimaginabile?
Siamo tutti spesso
portati a pensare l'infanzia come un periodo della vita in cui vi è
esclusivamente lieta serenità e dolcezza, e pure sappiamo che
esistono diversi contesti relazionali in cui l'aggressività
infantile può irrompere, attraverso dei comportamenti più
svariati: quelli individuabili in coloro descritti come dei bulli,
quindi attuati nei confronti di altri bambini, ma vi è anche una violenza
esercitata nei confronti degli animali.
Di quest'ultimi
comportamenti violenti vorrei occuparmene, visto che sono quelli in cui la
crudeltà del gesto violento, su un essere vivente incapace di
comprendere intenzioni o pretese dal suo "carnefice",
difficilmente non può essere spiegato se non come sfogo malsano di
qualcosa che avrebbe a che fare con un'identità terribilmente
cattiva, di conseguenza con una forte connotazione di psicopatologia
individuale. E pure, gesti di ordinaria violenza si riscontrano nelle
storie di tante esperienze infantili nei confronti di insetti, di
rettili e di altri specie animali.
Come affrontare questa
violenza da un punto di vista clinico, ammesso che da un punto
di vista sociale vada condiviso con il bambino stesso lo stupore di
fronte al gesto violento, come premessa de un intervento educativo
che stimoli non solo consapevolezza, ma che favorisca anche la sua
assunzione di responsabilità personale? La domanda acquisisce
rilevanza nella misura in cui tali comportamenti si possano
presentare "accompagnati" da connotati e in contingenze
che amplifichino i contenuti impliciti di crudeltà gratuita.
Ecco che può avere senso
chiedersi, cos'è che può stare alla base di questi comportamenti?,
sono un gesto dimostrativo di potere inteso come controllo e
dominanza?, rispecchiano una competizione più o meno nascosta con i
coetanei?, un segnale di disagio taciuto, inespresso?, l'espressione
della storia di apprendimento del bambino (intesa come il bagaglio di
esperienze vissute dentro e fuori dalla famiglia)?, la spia di
rapporti conflittuali con gli adulti di riferimento? Probabilmente,
vi è un pò di tutto ciò nei bambini che assumono come azione di
prepotente dominio la sopraffazione sugli animali; vi è una
graduatoria di intensità e di rischio psicopatologico crescente a
seconda del tipo di situazione incriminata e della frequenza con cui
il sopruso si ripropone.
Gli studi clinici
suggeriscono che in età precoce (stiamo parlando di bambini in età
preadolescenziale) i comportamenti aggressivi in generale, e quelli
inflitti sugli animali in particolare, possono essere indicatori in
età evolutiva che hanno una prognosi di alta probabilità di
comportamenti devianti con forti connotazioni antisociali, nel
futuro comportamento adulto. Ecco perché comunque, non si può
assumere un atteggiamento di indifferenza o uno di carattere
giustificatorio di fronte a tali gesti.
Il rischio però di
etichettare con categorie nosologiche il bambino, quindi di
cronicizzare un quadro di disfunzionalità è molto alto; le buone
pratiche cliniche esigono allargare all'entorno affettivo-sociale
dei piccoli, la valutazione e la comprensione di tali comportamenti
crudelmente abusivi, perché attraverso l'ingrandimento del campo di
osservazione si possono acquisire dei dati narrativamente e
storicamente significativi, che altrimenti rimarrebbero nascosti per
effetti dell'impatto emotivo che gli stessi comportamenti esplicitati
provocano.
Si uno busca en la web el
término "violencia" asociado al de "infantil",
encuentra referencias solamente si se habla acerca de aquella que ejercitada sobre el niño,
y ninguna respecto a aquella que parte del niño
mismo. ¿ello quiere
decir que non se puede concebir algo semejante y que simplemente es
algo que no cabe imaginar?
Frecuentemente,
somos proclives a pensar la infancia como un periodo de la vida
exclusivamente alegre y dulce, sin embargo sabemos que existen
diversos contextos relacionales en los que la agresividad
infantil puede
irrumpir, mediante comportamientos di diferentes tipos: aquellos
individuables entre quienes hacen bulling, es decir actuados hacia
otros niños,
pero también existe una violencia ejercitada contra los animales.
Acerca
de éste ultimo tipo di violencia quisiera ocuparme, ya que se trata di comportamientos en los que la crueldad del gesto violento, sobre un ser
viviente incapaz de comprender intenciones o pretensiones de su
"verdugo", dificilmente no puede dejar ser interpretado
sino como una manifestacion malsana de algo que tendria que ver con una
identidad
extremadamente malvada, consecuentemente, con una fuerte connotación
de psicopatologia individual. Sin embargo, gestos de comun violencia
se pueden observar en las historias de muchas experiencias infantiles
frente a insectos, reptiles y de otras especies animales. ¿Cómo
afrontar esta violencia
desde un punto di vista clinico, admitido que desde un punto de vista
social se comparta con el niño
mismo el estupor frente al gesto violento, como premisa de una
intervención educativa
que estimule no solo conciencia del hecho sino también una toma de
conciencia de la responsabilidad personal? La pregunta adquiere
relevancia en la medida en que tales comportamientos puedan
presentarse "acompañados" de connotaciones y contingencias
que amplifiquen los contenidos implicados de crueldad
gratuita.
Es
asi que puede tener sentido preguntarse, ¿qué cosa suponen tales
comportamientos?, ¿son un gesto demostrativo de poder, entendido
como control y dominación?, ¿reflejan una competencia más o menos
escondida con sus pares?, ¿son un señal de malestar callado, no
manifiesto?, ¿acaso la expresión de la historia de aprendizaje del
niño (entendida como el bagaje de experiencias vividas dentro y
fuera de su familia)?, ¿indicadores de relaciones conflictuales con
los adultos significativos de referencia? Probablemente estén
presentes un poco cada una de las interrogantes precedentes, como
aquellas motivaciones por la que estos niños asumen como acción de
predominio aplastar los
animales. Existe una
graduación de intensidad y riesgo psicopatológico creciente según
las caracteristicas de la situación incriminada y de la frecuencia
con la cual el abuso se presenta.
Los
estudios clinicos sugieren que en edad temprana (se habla de la etapa
preadolescente en estos casos), los comportamientos agresivos en
general y aquellos infligidos a los animales, en particular, pueden
ser indicadores en la edad evolutiva, que tienen un prognostico de
alta probabilidad de comportamientos desviados con fuertes connotados
antisociales, en el
futuro comportamiento adulto. Esta es la razón por la que frente a
tales gestos, no se puede asumir un actitud de indiferencia o de tipo
justificadora.
El
riesgo de poner etiquetas con categorias nosologicas que cataloguen
al niño, y por lo tanto de hacer crónico un cuadro de
disfuncionalidad, es muy alto; las buenas prácticas clinicas
requieren el alargamiento de la observación y de la evaluación de
los comportamientos cruelmente abusivos, en modo de involucrar el
entorno afectivo-social
del niño y asi adquirir datos narrativamente e historicamente
significativos, que de otra forma quedarian escondidos por el impacto
emotivo que los mismos comportamientos explicitados provocan.