E’ l’abuso di sostanze che organizza la psiche del
tossicomane stimolando la compulsività ossessiva propria delle dipendenze oppure sono le emozioni che egli prova
nell’arco della sua vita, che organizzano dei sentimenti che promuovono,
consolidano e giustificano il comportamento di abuso?
Probabilmente questo è uno dei
tanti falsi dilemmi su cui sono costruite le tossicomanie e che stanno alla
base della loro cronicizzazione. Comunque sia, la tossicomania è quella "belva
insaziabile" che spinge a chi ne subisce il suo prepotente predominio, verso il
vuoto incolmabile dell’infelicità spingendo a chi ne è vittima in un loop di taedium
vitae e di ulteriore dolore che a sua volta ne richiede della corazza
anestetica (che la sostanza provvede) perché il malessere nei confronti di se
stesso diviene un malessere di stare con e nel mondo.
Vi sono dei contesti di cura in cui il approccio
medicalizzante è complementare e in qualche maniera subordinato a quelli
psicoterapeutico ed educativo. In effetti, all’interno di alcune comunità
terapeutiche residenziali contro le tossicodipendenze (come quelle della rete SAMAN), si aprono degli spazi individuali e di
gruppo all’interno dei quali avviene il confronto, la riflessione e
(soprattutto) l’auto osservazione.
Coloro che da operatori
contribuiscono a crearli tali spazi, ne raccolgono le fatiche (psichiche,
relazionali ed esistenziali) indicibili di chi non sa di non sapere, annebbiato
dalle proprie narrazioni nell’autoinganno. Ma, essendo la tossicomania anche
una realtà intersoggettiva, i gruppi rappresentano per l’operatore lo
strumento per eccellenza con cui avviare un processo lento, non lineare, a
volte contorto ma alla fine virtuoso (anche se imprevedibile). Grazie a quel
processo co creato e intersoggettivo le identità individuali si riflettono fra
di loro in un gioco a specchi che permette la condivisione di immagini, quelle
di loro stessi, ma crudamente nuove. I gruppi terapeutici in particolare, sono
quello spazio privilegiato in cui le persone imparano a conoscersi, cogliendo
(nel confronto) quelle sfumature che caratterizzano l'identità di ognuno e che
possono essere la giusta conferma sulla possibilità di essere in grado di
costruire/abitare in nuovi possibili mondi (liberi dal giogo tossicomanico).
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El abuso de sustancias organiza
la psique del toxicómano estimulando la compulsividad obsesiva propia de las
dipendencias o acaso son las emociones que él prueba en su vida, las que
organizan aquellos sentimientos que promueven, consolidan y justifican el
comportamento de abuso?
Quizàs este sea uno de los tantos falsos dilemas sobre los que se
construyen las toxicomanias y que están a la base de su cronicidad. De todas maneras,
la toxicomanía es aquella "bestia insaciable" que empuja hacia el vacio
irrecuperable de la infelicidad, introduciendo a quién es su victima en un bucle de taedium vitae y de ulterior dolor, que a su vez incita la necesidad
de poseer una coraza anestética (que la substancia provede) pues el malestar
consigo mismo deviene un malestar de estar con y en el mundo.
Existen contextos de cura en los que el modelo médico es complementario y
en alguna manera subordinado a los modelos psicoterapeutico y educativo. Efectivamente,
dentro de algunas comunidades terapeuticas residenciales contra las toxicodependencias (como aquellas della rete SAMAN), se abren
espacios individuales y de grupo en los cuales se costruyen la confrontaciòn,
la reflexiòn y (sobre todo) la auto observación.
Quienes como operadores contribuyen a crear tales espacios, recojen los
cansancios (psiquicos, relacionales y existenciales) indecibles de quienes no
saben de no saber, oscurecidos por las propias narraciones en el auto ingaño. Pero
siendo la toxicomania también una realidad intersubjetiva, los grupos
representan para el operador el instrumento por excelencia con el cual fomentar
un proceso lento, non lineal, complicado pero al final virtuoso (si bien
imprevedibile). Gracias a tal proceso cocreado e intersubjetivo las identidades
individuales se reflejan entre si, en un juego de espejos que permite compartir
las imagenes de cada quien, pero crudamente distintas. Los grupos terapéuticos en particular, son aquel
espacio privilegiado en el cual las personas aprenden a conocerse, cogiendo (a
partir de la confrontación) aquellos matices que caracterizan la identidad de
cada uno y que pueden ser la justa confirmación acerca de la posibilidad ser
capaz de construir/habitar en nuevos mundos posibles (libres del yugo
toxicomanico).